Permettere a tutte le imprese di innovarsi nella duplice transizione digitale ed ecologica e di investire nella formazione per «dare al Paese una spinta fortissima e decisiva alla competitività, aumentando l’occupazione nei settori tecnologici». All’evento “Transizione 5.0: istruzioni per l’uso” organizzato da Il Sole 24 Ore in collaborazione con Unioncamere, il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, sintetizza così la portata del nuovo programma di incentivi finanziato con 6,3 miliardi di fondi Pnrr, con l’aliquota massima del credito di imposta al 45% e il tetto dei costi ammissibili a 50 milioni.
La prima rassicurazione del ministro riguarda i tempi del decollo dell’intervento, attesissimo dal mondo imprenditoriale: «Il decreto attuativo è alla Corte dei conti per la registrazione, entro pochi giorni sarà operativo. Manterremo l’impegno di utilizzare a pieno la misura nella seconda parte di quest’anno e nel 2025».
Non sarà l’unica novità del 2024. «Transizione 5.0 è una delle due questioni fondamentali per le imprese poste dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini», sottolinea il ministro. «L’altra è il piano casa, per consentire a chi deve assumere competenze necessarie alla propria attività di poterlo fare, ancorché vi sia una disparità nella disponibilità di alloggi tra il luogo dove i lavoratori risiedono e quello dove ci sono condizioni migliori per incamminarsi nella strada del lavoro». Il Governo promette di rispondere già da ottobre. «Anche su questo fronte - dice Urso - stiamo lavorando con Giorgetti e Salvini. Pensiamo che nella prossima manovra sarà necessario indirizzare alcune risorse a questo piano, che avrà un aspetto strutturale e un aspetto più contingente».
Un passo alla volta, però. Adesso la priorità è Transizione 5.0, la cui gestazione è stata complicata. Intervistato dal direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini, che auspica la pubblicazione del provvedimento entro luglio per raccogliere «una sfida che riguarda tutto il Paese, non solo le imprese», Urso ripercorre le tre principali novità della misura, inserita nel Pnrr con la revisione dello scorso dicembre (che ha portato in dote anche 2,5 miliardi per i contratti di sviluppo Net Zero), e le differenze con Transizione 4.0, che vale altri 6,4 miliardi di risorse nazionali: coniugare in un’unica misura la transizione digitale e quella green, ancorando le agevolazioni alla riduzione dei consumi energetici; coinvolgere anche i settori produttivi energivori, senza distinzioni tra tipologie di impresa e dunque includendo anche le piccole, a condizione che si rispetti il principio di non arrecare danno all’ambiente (Dnsh); battere sul tasto delle competenze.
L’obiettivo macro è «promuovere la produzione, non l’assemblaggio, per evitare di restare schiacciati nella tenaglia tra Stati Uniti e Cina», ma stringendo relazioni con altri «attori mondiali» per rimanere al passo. Urso cita gli esempi virtuosi già presenti sul territorio: STMicroelectronics a Catania, dove insiste anche la Linea pilota sui chip, SiPearl a Bologna, Aixtron a Torino. Parlando di produzione e non solo assemblaggio, è chiaro il riferimento all’industria dell’auto e alle esigenze di tutela della nostra componentistica, ma proprio con la Cina, dove domenica atterrerà la premier Giorgia Meloni, il ministro preannuncia un rafforzamento del partenariato strategico di cui ricorre il ventennale. Forti, però, di una «politica industriale assertiva che investa sulla competitività delle imprese, affiancata da politiche commerciali a tutela ove ci fosse concorrenza sleale».
In questo quadro tutto torna: supportare le imprese per l’efficientamento energetico, stimolare la produzione di tecnologia green, incentivare la formazione, insistere sulla diversificazione delle fonti di energia. «Per questo - spiega Urso - abbiamo riaperto la strada al nucleare di terza e quarta generazione. Abbiamo tecnologia, scienza e imprese capaci di farlo». Lo scenario? «Garantire lo sviluppo e la difesa dell’Europa, come volevano i padri fondatori».
Il percorso è difficile, ma la rete c’è. Sono 700mila le imprese accompagnate nei processi di innovazione, digitalizzazione e sostenibilità dai Punti impresa digitale delle Camere di commercio, che ora si apprestano a potenziare con un nuovo servizio le attività di orientamento e tutoraggio in materia di Transizione 5.0. «Vogliamo aiutare le imprese a cogliere le grandi opportunità offerte da Transizione 5.0 - afferma il presidente di Unioncamere, Andrea Prete - in continuità con quanto già realizzato dai Punti impresa digitale in occasione della collaborazione con il ministero delle Imprese e del Made in Italy sul precedente piano Impresa 4.0. Il nostro servizio aiuterà le imprese a usufruire delle agevolazioni offrendo supporto sui bandi aperti e un primo orientamento sulle procedure per beneficiare dei finanziamenti».
Il Gse gestirà il portale per accedere agli aiuti e i controlli sui progetti
Gioie e dolori. Transizione 5.0 porta con sé il vantaggio di una platea vastissima di potenziali beneficiari, inclusi gli energivori, ma anche procedure e oneri documentali non indifferenti. «L’impatto iniziale potrebbe scoraggiare le imprese, ma i diversi passaggi sono facilmente approcciabili», spiega Marco Calabrò, capo della segreteria tecnica del ministro delle Imprese e del Made in Italy, all’evento “Transizione 5.0: istruzioni per l’uso” promosso da Il Sole 24 Ore in collaborazione con Unioncamere.
Sul piatto ci sono incentivi per progetti di innovazione che garantiscono un determinato risparmio energetico, entro il limite di 6,23 miliardi: 1.039,5 milioni per il 2024, 3.118,5 milioni per il 2025 e 415,8 milioni per ciascuno degli anni dal 2026 al 2030. L’aliquota massima è del 45%, il tetto dei costi ammissibili è fissato a 50 milioni. Nella base di calcolo del credito entrano anche le attività di formazione, nel limite del 10% di spesa rispetto ai beni strumentali e agli impianti per l’autoproduzione di energia rinnovabile destinata all’autoconsumo, e per un massimo di 300mila euro.
Il meccanismo è articolato in scaglioni, modello Irpef (si veda anche Il Sole 24 Ore del 9 luglio): il credito d’imposta varia in relazione all’asticella della riduzione dei consumi energetici e alla quota di investimento, da un massimo del 45% fino a 2,5 milioni per un risparmio dei consumi della struttura produttiva superiore al 10% (o dei processi produttivi superiore al 15%) a un minimo del 5% da 10 a 50 milioni se il taglio dei consumi è dal 3 al 6% per unità (o dal 5 al 10% per processo).
Il portale dedicato, gestito dal Gse che con il ministero accerterà gli investimenti, è pronto: entrerà in funzione quando arriverà (entro dieci giorni dalla pubblicazione del decreto ora all’esame della Corte dei conti) il provvedimento Mimit che fisserà la data da cui le imprese potranno inserire le richieste. Con una procedura guidata per compilare i campi con tutti i dati relativi al progetto, agli investimenti e alle modalità in cui concorrono al raggiungimento della riduzione dei consumi energetici, corredata dalla certificazione ex ante rilasciata dai tecnici abilitati. Per questo, evidenzia Calabrò, «è fondamentale una pianificazione corretta degli investimenti».
Entro i successivi cinque giorni il Gse comunicherà il credito di imposta prenotato all’impresa, che avrà trenta giorni per versare un acconto pari al 20% dell’ammontare degli investimenti comunicato. Un sistema «per limitare lo scostamento tra prenotato e spettante». Entro i successivi cinque giorni, il Gse verificherà la completezza della documentazione e confermerà il credito.
Segue una fase di comunicazione ex post (al massimo entro il 28 febbraio 2026), con i progetti e i consumi realizzati. Se investimenti e oneri documentali saranno completati entro dicembre e avrà capienza fiscale, l’impresa potrà compensare il credito entro il 2025 in un’unica rata. Se invece approfitta dei due mesi concessi in più, potrà compensare tra il 2026 e il 2030 in cinque quote.
Prezioso per districarsi nel labirinto è il ruolo del sistema camerale. Antonio Romeo, direttore Dintec e coordinatore della rete dei Punti impresa digitale ha ricordato i ritardi sul fronte digitale («Solo il 15,6% delle imprese mostra un profilo avanzato e il 53,1% ha un livello di maturità digitale base») ed energetico: «Per ridurre questo gap Transizione 5.0 è un’opportunità importante. La rete dei Pid delle Camere di commercio offre una serie di servizi per accompagnare le Pmi nell’adozione di questa importante misura di politica industriale».
Fonte: Il Sole 24 Ore, Imprese e Territori del 26 luglio 2024