Arriva il paracadute del governo per salvare gli incentivi alle imprese che investono nella Zona economica speciale del Mezzogiorno. Nel decreto legge “omnibus”, approvato ieri in consiglio dei ministri, è stato inserito un rifinanziamento di 1,6 miliardi, aggiuntivi rispetto agli 1,67 miliardi che, a fronte dell’elevata entità delle prenotazioni, avevano portato l’agenzia delle Entrate ad abbassare bruscamente l’entità del credito d’imposta. La norma - illustrata al termine del Cdm dal ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnnr Raffaele Fitto - in realtà introduce innanzitutto un obbligo di comunicazione a carico delle imprese, da inviare all’agenzia delle Entrate tra il 18 novembre e il 2 dicembre 2024, con il quale si attesti, «a pena di decadenza dall’agevolazione», «l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti indicati nella comunicazione» sull’ammontare delle spese ammissibili sostenute dal 1° gennaio 2024.
In sostanza, si provvede ora a inserire un obbligo per evitare che le prenotazioni restino puramente teoriche contribuendo, nei calcoli delle Entrate, a decurtare il beneficio potenziale per tutti. Un obbligo che sorprendentemente non era stato introdotto in sede di predisposizione delle regole, mentre ad esempio è stato da subito previsto nel caso dei crediti d’imposta 5.0 per i quali per giunta è stata stabilita anche l’obbligatorietà di una comunicazione intermedia sull’avanzamento degli investimenti.
La comunicazione - recita ora l’articolo 1 del Dl omnibus - deve recare anche l’ammontare del credito d’imposta maturato in relazione agli investimenti, l’indicazione delle relative fatture elettroniche e gli estremi della certificazione (questa già prevista fin dall’inizio) dell’effettivo sostenimento delle spese ammissibili rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Di fronte a un meccanismo più puntuale di controllo degli investimenti effettivi, la nuova dote di 1,6 miliardi risulta dunque un salvagente, da utilizzare nel caso in cui continuasse a sussistere uno scarto rispetto al beneficio massimo indicato nella norma originaria del credito d’imposta (fino al 60% in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, con un décalage per Basilicata, Molise, Sardegna e Abruzzo).
Ricapitolando, il credito d’imposta nella Zes era stato finanziato con 1,67 miliardi per il periodo 1 gennaio-15 novembre 2024 (cui si aggiungono ora altri 1,6 miliardi per un totale potenziale di 3,27 miliardi). «Uno stanziamento comunque ampiamente superiore a quelli previsti negli anni precedenti» dice Fitto. La dote aveva tenuto conto dell’andamento storico dell’agevolazione, considerando anche il passaggio dalle otto Zes regionali circoscritte territorialmente a una Zes che include l’intero Mezzogiorno. Tuttavia forse non è stato considerato a sufficienza il fatto che precedentemente il bonus aveva avuto un tiraggio molto basso a causa dei ritardi e delle incertezze di avvio delle Zes locali.
A ogni modo, le prenotazioni giunte dalle imprese per il credito Zes unica hanno superato ogni previsione, a quota 9,4 miliardi «dei quali però - ha sottolineato ieri Fitto - solo 167 milioni si riferiscono a investimenti effettivamente già realizzati». L’agenzia delle Entrate, di fronte al divario tra dote e richieste, era stata costretta a rivedere al ribasso l’agevolazione, precisando che «la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile è pari al 17,6668 per cento dell’importo richiesto». Per intenderci - secondo i calcoli della Fondazione nazionale ricerca dei commercialisti - una piccola impresa collocata in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, a cui spetterebbe un credito d’imposta del 60% sugli investimenti effettuati, avrebbe avuto diritto ad un credito d’imposta effettivo del 10,6% (il 17,6% del 60%). Senza contare poi che il credito d’imposta nella Zes non è cumulabile con il nuovo credito d’imposta per gli investimenti del piano Transizione 5.0.
La norma approvata ieri in consiglio dei ministri, in caso di disallineamenti di copertura, consentirebbe anche di attingere a un’ulteriore fonte, ovvero ai programmi della coesione Ue 2021-2027. Sulla carta, ha detto Fitto in conferenza stampa, «ulteriori 4,2 miliardi al netto di somme già impegnate e dei vincoli di destinazione». In realtà, l’articolo del Dl precisa che il ministero delle Imprese e del made in Italy e le singole Regioni rendono noto entro il 15 gennaio 2025 la «possibilità» di agevolare gli investimenti nella Zes con i programmi Ue sulla competitività delle Pmi di cui hanno la titolarità. Secondo Fitto, con la norma approvata il governo chiude «polemiche strumentali fornendo risposte certe alle imprese».
Bene il rifinanziamento che accoglie le nostre istanze, sottolinea Elbano de Nuccio, presidente del Consiglio nazionale commercialisti.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Primo Piano dell'8 agosto 2024