In dirittura di arrivo la terza edizione del Fondo nuove competenze e diverse sono le questioni di interesse delle imprese che andrebbero affrontate.
Bisogna prendere atto che a quattro anni dalla prima versione del Fondo le esigenze di contesto e del mercato del lavoro sono cambiate. A differenza del periodo Covid, infatti, oggi il mercato del lavoro è in forte crescita e quindi l’obiettivo principale è quello di aggredire e risolvere il problema di mismatch. Proprio sul punto, l’articolo 11-ter del Dl 146/2021 stabilisce che la formazione a cui prestare particolare attenzione riguarda i settori maggiormente interessati dalla transizione ecologica e digitale, nonché a coloro che abbiano sottoscritto accordi di sviluppo per progetti di investimento strategico, in base all’articolo 43 del Dl 112/2008, ovvero a coloro che siano ricorsi al Fondo per il sostegno alla transizione industriale, in relazione al quale risulti un fabbisogno di adeguamento strutturale delle competenze dei lavoratori.
Pertanto, è ragionevole ritenere che anche la prossima versione del Nuove competenze non possa discostarsi da questa previsione normativa, che tuttavia non è esclusiva («avendo particolare attenzione»). Infatti, un’altra esigenza, soprattutto delle aziende in difficoltà, è quella di riuscire a convertire le competenze dei dipendenti in forza (spesso in esubero) per ricollocarle in altre aziende che non riescono a trovare un numero di lavoratori sufficienti a soddisfare il loro fabbisogno. A questo riguardo va ricordato che l’articolo 88 del Dl 34/2020 stabilisce che i contratti collettivi aziendali possono realizzare specifiche intese di rimodulazione dell’orario di lavoro «per favorire percorsi di ricollocazione dei lavoratori». Consentire la formazione nell’ambito del Nuove competenze anche per queste finalità permetterebbe di accompagnare le tante risorse a rischio del posto di lavoro in percorsi di riqualificazione per ricollocarle in altre settori più dinamici.
Anche con riguardo al limite economico per istanza, in precedenza fissato in 10 milioni, sarebbe utile distinguerlo per dimensioni dell’azienda (piccola, media e grande), atteso che proprio la dimensione può dare luogo a fabbisogni economici diversi.
Un ulteriore aspetto che ha generato non poche difficoltà sono stati i tempi entro cui doveva essere svolta la formazione. Nella precedente edizione le attività formative e la relativa rendicontazione andavano concluse, a pena di inammissibilità del contributo, entro 150 giorni dalla data di comunicazione di approvazione dell’istanza. In quattro mesi, dunque, le aziende hanno dovuto non solo svolgere la formazione programmata ma anche le attività di rendicontazione necessaria. Peraltro, in molti casi nel termine già molto ristretto ricadeva anche il mese di agosto, con le inevitabili chiusure aziendali. È auspicabile, dunque, che le aziende abbiano un congruo termine entro cui svolgere la formazione e che possa essere almeno di 12 mesi dalla data di approvazione del progetto.
Rimane, infine, il tema della gestione del Fondo per il tramite dei fondi interprofessionali. Dopo una prima fase di importanti difficoltà nella gestione dei flussi, soprattutto in arrivo da Anpal, il coinvolgimento dei fondi interprofessionali è stato molto positivo. E questo soprattutto perché le aziende sono abituate a gestire la formazione nell’ambito delle procedure stabilite dai fondi di settore. Per questo motivo, quindi, non c’è necessità di cambiare l’impostazione dell’edizione precedente.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi del 3 settembre 2024